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La dieta dell’avvocato – parte uno

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Uomo d'affari che si allaccia la cintura. Articolo sulla dieta dell'avvocato.

Natale 2020, restrizioni, niente feste, né cene né aperitivi con famigliari e amici.
Andare via? Non se ne parla, tutti a casa.
Non ci resta altro che rilassarci e dedicarci a buon cibo e ottimo vino.
In quantità, ovviamente.
Chi più ne ha più ne metta: tortellini, bollito, lasagne, pesce, salumi, prosecco, liquore di liquirizia, cioccolata, panettoni, pandori, creme, mascarponi.
Le feste vanno santificate.

Gennaio 2021, finiti i riti e le celebrazioni si deve riprendere la vita di tutti i giorni, ovviamente con i limiti che questa fase dell’esistenza ci impone e che speriamo presto di dimenticare.
Ed eccoli lì, due nemici che tra loro si sono alleati e che guardano verso di me, anzi, verso di noi.
Ci aspettano, quasi in attesa di una sfida: sto parlando ovviamente della bilancia e dello specchio.
Come sicuramente ben saprete bilancia e specchio hanno anche vari collaboratori e, nella fattispecie, trattasi di cintura (“addio ultimo buco, ora stiamo stabilmente nel penultimo”), pantaloni (“io una volta lì ci entravo” – “li avrai lavati a 90 gradi” – “no, massimo 40…”) e da quest’anno anche maglione.

No, che con il maglione invernale si vedano i chili in eccesso proprio no, non è possibile.

Una sera davanti alla tv alla mia compagna viene in mente che esiste un libro – ovviamente già letto e certificato dalla sua migliore amica, circostanza che lo eleva a testo avente forza di legge – che racchiude il segreto di una dieta che in soli 28 giorni (ho detto ventotto) ci potrebbe restituire fino a 9 kilogrammi.

“9 Chili? Ma io così scompaio”

“No tranquillo, dice ‘anche 9 chili’ quindi è solo una possibilità, ma tutti dicono che funzioni”

E così inizia a leggere questo libro, anzi a divorarlo (giusto per rimanere in tema) e alla fine me lo racconta.

Effettivamente trattasi di una dieta di 28 giorni dove ognuna delle 4 settimane previste è divisa in 3 fasi (lunedì-martedì, mercoledì-giovedì, venerdì-sabato-domenica) e prevede che ogni giorno si debba mangiare ben 5 volte.

“E’ incredibile si mangia di continuo, ogni 3-4 ore! Chi l’ha seguita ha detto che non si ha mai fame!”

“E dimagrisci davvero?”

“Sì”

“Pazzesco!”

“E dura solo 28 giorni?”

“Sì, solo 28”

Beh, siamo in un momento in cui tutti i ristoranti sono chiusi, non puoi incontrare gli amici, men che meno fare aperitivi: è il momento, trasformiamo una fase negativa in qualcosa di buono e costruttivo!

“28 giorni? Solo 28? Guarda che voleranno”

“Ma cosa dici? Sono quattro settimane… un mese. Non è poco!”

“Scherzi?! 28 giorni non sono nulla: prova a pensare adesso a quattro settimane fa! Sembra ieri. Se da oggi mancassero 28 giorni alla scadenza per il deposito di un atto, io mi metterei subito a farlo, fin da domani!”

Silenzio.

Del resto quando scandisci i tempi della tua vita come fossero scadenze di termini giudiziali, la prospettiva cambia radicalmente e il discorso pare elevarsi in maniera solenne.

“Io dico di farla e dico anche di incominciare lunedì!”

“Ma come? Questo lunedì?”

“Sì!”

Sia.

 

***

 

E così iniziamo a strutturare e organizzare tutto quanto necessario per iniziare questa avventura che, a mio avviso, deve essere vissuta come una vera e propria gara, noi due contro le tentazioni e la golosità per 28 giorni.

Ovviamente analizziamo subito i divieti e non possiamo non notare che tante cose buone vengono bandite: prosecco, caffè, formaggi, quei fantastici biscotti con al loro interno la più buona e famosa crema di cioccolata del mondo (che tanto hanno fatto per noi nelle serate di tristezza passate sul divano, donandoci una sensazione di benessere).

Poi prendiamo coscienza di come la dieta in questione sia perfettamente organizzata e strutturata nelle sue suddivisioni giornaliere e settimanali.

Allora scatta subito l’allarme: “Come faremo però? Noi facciamo gli avvocati! Come possiamo essere certi di poter pranzare sempre agli orari giusti, mangiando esattamente ciò che è previsto per il mercoledì piuttosto che per il venerdì?”

“E se quando è previsto lo spuntino di metà mattina fossi nel bel mezzo di un’udienza in videoconferenza? Cosa faccio, mi metto a mangiare una mela davanti ad un giudice?”

“E se non riuscissi a fare la pausa pranzo?”

“E se dovessi andare a pranzo con un cliente? Non c’è niente di peggio che fare gli schizzinosi al momento dell’ordinazione!”

“Non ce la faremo mai per 28 giorni, è impossibile”

Ecco a voi, l’avvocato e la dieta.

 

***

 

LA PRIMA SPESA

Ricorderò a lungo quel giorno: fu un momento quasi mistico.

Il supermercato come al solito era molto frequentato e gli scaffali pieni e riforniti. I banchi frigo rigonfi di irripetibili offerte su prodotti per noi vietatissimi.

Solo 3 giorni fa mi sarei lanciato, riempiendo soddisfatto il carrello sia per il prezzo ribassato (che colpo!) sia immaginando il prossimo futuro (questo lo mangio oggi pomeriggio, quello domani sera, quell’altro domani prima di pranzo mentre nessuno vede…).

Ed invece si incomincia a familiarizzare con una sensazione che solo dopo qualche giorno sono riuscito a riconoscere ed identificare: la solitudine.

La solitudine della persona a dieta è incredibile. Inizia piano, lentamente ti circonda e abbraccia, fino ad entrarti dentro. Nel suo silenzio fa un rumore incredibile, e tu inizi a pensare che le altre persone (che possono mangiare tutti i formaggi che vogliono, bevendo un ottimo vino) siano ostili nei tuoi confronti, o comunque inizi a provare una strana forma di astio nei loro confronti.

Mentre vaghi per il supermercato, con una lista che ti porta verso corsie mai frequentate prima e scaffali di cui ignoravo l’esistenza, hai come la sensazione di avere una luce, anzi, un faro ad occhio di bue che ti segue.

La tua schiena, mentre spingi il carrello, è più curva di quella degli altri.

Ricorderò per sempre quando, in occasione della prima spesa, ho avuto un momento intimo di commozione vera con il banco dei salumi: “Tornerò! Ve lo giuro, ritornerò!” .

E con un principio di groppo in gola ho virato verso il reparto del tonno al naturale.

Al di là di tutto devo dire che, una volta imparato a convivere con questo senso di solitudine, si inizia a provare una sensazione come quella di chi si sta preparando a qualcosa di grande e importante, che sarebbe durato per i prossimi 28 giorni, quasi una nobile missione che avrebbe regalato più avanti il riconoscimento da parte di tutti gli altri, ma soprattutto di sé stessi.

 

***

 

LE BUGIE

E così, dopo aver gustato l’ultima cena del week end e sorseggiato il bicchiere della staffa, ecco finalmente l’inizio della prima settimana di questa nuova avventura.

Grande novità per l’avvocato a dieta è l’argomento caffè, meravigliosa bevanda che riempie le giornate (e a volte anche le notti) di chi svolge questa fantastica professione.

Ormai è un rito, quando arrivi la mattina in studio, soffermarti con qualche collega o, perché no, anche da soli a sorseggiarsi un buon espresso prima di iniziare. Adesso abbiamo pure la macchinetta nuova che fa un caffè che è una meraviglia.

Ma da oggi, niente.

Dopo un po’ arriva la mia cara collega che come tutte le mattine incalza “Ci prendiamo un caffè insieme?”.

Ed ecco che scatta il nuovo passaggio: le bugie.

“No, guarda, l’ho appena preso, ma se vuoi ti guardo mentre lo bevi tu”.

Se vuoi ti guardo mentre lo bevi tu? Ma non poteva uscire una frase migliore? Però sai cosa c’è? Mi piace questa frase, disegna perfettamente questa nuova fase, fatta di solitudine e adesso anche di bugie.

Un’altra volta, con un cliente è stato bellissimo: “Avvocato, vuole anche lei un caffè che lo beviamo insieme?”, “No grazie mille, questa mattina ne ho già bevuti quattro!”, “Allora no, se no lei mi diventa troppo agitato”.

E che dire dei pranzi con i clienti? Beh qui purtroppo devo ammettere che ci ha dato una grossa mano il periodo in cui abbiamo deciso di prendere parte a questa sfida.

Con la regione spesso di colore arancione, i ristoranti non erano frequentabili ma certi clienti, molto disponibili, non mollano e ti mettono alla prova: “Avvocato, oggi visto che è qui faccio portare da mangiare in azienda con l’asporto che pranziamo insieme. Le mando il menù così mi dice cosa preferisce” – “Non si preoccupi, oggi mi sono portato al seguito qualcosa per pranzo, quindi per me non c’è bisogno di nulla, sono autonomo”.

Scampata anche questa e senza dovermi negare, cosa che non sarebbe stata professionalmente saggia.

Altra scena epica è stata in corrispondenza del Carnevale.

Una cliente, figlia di uno dei più noti pasticceri della città, mi scrive dicendomi che mi avrebbe fatto a breve gentile dono di un vassoio di sfrappole (tipico dolce carnevalesco, noto in altre città come frappe o chiacchiere), ovviamente artigianali.

Ma non solo.

Il giorno in cui il dono mi è stato recapitato in studio, oltre alle “sfrappole”, c’era anche un ulteriore vassoio contenente una ventina delle più desiderabili paste appena sfornate.

Questa è stata veramente una prova dura: vedere i miei colleghi felici, planare come dei canadair sui vassoi, prendere e ingurgitare quelle meraviglie dolci è stato difficilissimo, ai limiti del doloroso. Ma giuro che in certi momenti è stato come se avessi sentito il sapore di quella crema scorrere dentro di me.

Risultato? Il morale di tutto lo studio era alle stelle, il mio no.

Ovviamente a tutto ciò è seguita la bugia, immancabile: “Avvocato, com’erano le sfrappole?”, “Buonissime, oserei dire commoventi: le prometto che presto verrò a trovarla direttamente in laboratorio”.

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