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Oscenità – Il caso Geerlinks

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farfalla sulla spalla di una donna. Immagine per l'articolo del caso Geerlinks.

Per promuovere la mostra d’arte contemporanea intitolata “Crysalis – Teoria dell’evoluzione” allestita presso il Castello Svevo di Bari, venivano affissi in città dei manifesti che riproducevano la fotografia “Butterfly” del 2004 di Margi Geerlinks.
Più di una persona rimaneva turbata dalla vista del manifesto e accoglieva perciò con favore l’iniziativa della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari che ordinava il sequestro probatorio di tutti i manifesti e apriva un indagine per il reato di pubblicazioni oscene previsto dall’art. 528 c.p..

Il successivo art. 529 c.p., al II comma, tuttavia, esclude l’oscenità qualora si tratti di opera d’arte o di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore d’età.
Nessuno dubitava che la fotografia, opera di un’artista affermata e riconosciuta a livello internazionale, perfettamente coerente con la ricerca artistica condotta dalla stessa sulla caducità dell’uomo e della sua evoluzione e con il tema della mostra, fosse un’opera d’arte.
In più la fotografia ritrae una bambina di profilo, dalla testa alle ginocchia, senza alcuna esposizione degli organi genitali né di altre parti fisiche rilevanti sotto il profilo della libido o della riservatezza sessuale.

Inoltre, attraverso la farfalla posata sulla spalla, allude chiaramente a un tema, l’evoluzione umana e la sua temporalità, oggettivamente estraneo alla sfera sessuale tradizionalmente coperta dal pudore.
Il dubbio riguardava, insomma, se il manifesto fosse cosa diversa dall’opera riprodotta e se la sua oscenità non fosse da rinvenire nella sua assoluta decontestualizzazione e nella sua esposizione alla vista dell’uomo medio.

La risposta della Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. III, 20 gennaio 2006, n. 2635) è tranciante: non si può ritenere che la riproduzione di un’immagine possa modificarne l’offensività; se il suo contenuto non è osceno, non lo può diventare quello dei manifesti che lo riproducono, posto che l’immagine rimane pur sempre la stessa.
Vero è che la potenzialità offensiva dell’immagine può cambiare in relazione al contesto in cui è inserita, ma, in tal caso, si tratta sempre di immagini, di per sé, ambivalenti: si pensi, ad esempio, alla foto di un corpo completamente nudo inserita in un libro di anatomia oppure in una rivista pornografica.

Nel caso della Butterfly, invece, non può ritenersi pudica l’opera esposta in mostra e osceni i manifesti che la riproducono, tanto più che, ai fini della sua offensività, non c’è alcuna differenza tra un luogo pubblico come i muri della città e un luogo aperto al pubblico come quello che ospita la mostra. Infine, proprio perché la nozione di osceno fa riferimento al sentimento di una comunità storicamente determinata, la sensibilità eterodossa di alcuni individui, spesso caratterizzati da una psicologia non equilibrata o addirittura patologica, come quelli che hanno protestato contro la pubblicazione dei manifesti o si sono compiaciuti dell’iniziativa repressiva della pubblica accusa, non assume alcun rilievo.

Qui si è comunque preferito tagliare l’immagine; ce ne scusiamo con l’artista che, a questo punto, sarà l’unica a potersi ritenere offesa.

 

e

“Butterfly” di Margi Geerlinks

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