Sapeva anche qual era l’orario più indicato per inviarmi la mail?
Certo che lo sapeva. Come sapeva quali e quante parole usare. Non una di più, non una di meno: “Egr. Avvocato, vorrei rivolgere al giudice una domanda complessa e vorrei sapere se lei può assistermi. Se è interessato può rispondere semplicemente con un “sì” a questa mail, seguito dall’orario in cui le farebbe più comodo ricevere un mio contatto tramite teleconferenza. La ringrazio e, in attesa di una sua cortese risposta, le invio i miei più cordiali saluti.”
Semplice ma insolita.
Almeno per me, che non avevo mai ricevuto una richiesta di primo contatto simile a quella. Non era firmata: in calce c’era solo l’avviso, in tutte le lingue, di rispettare l’ambiente e di non stampare la mail se non assolutamente necessario.
Anche l’indirizzo era anonimo: nome utente e dominio erano entrambi una sequenza alfanumerica priva di senso.
La rilessi più volte, poi risposi: “Sì, oggi alle 14.30”. Non molto cortese come risposta ma volevo dimostrare distacco e, allo stesso tempo, risparmiare parole, tempo ed energie, nel caso si trattasse solo di una forma di marketing a me sconosciuta e il mio misterioso interlocutore volesse solo propinarmi un qualche prodotto o servizio di cui non avevo alcun bisogno.
Alle 14.30 spaccate un cicalio proveniente dal mio pc mi avvisò della videochiamata in arrivo. Mi schiarii la voce e accettai la chiamata. Sullo schermo apparve l’immagine mezzobusto di un uomo, mio coetaneo, in maniche di camicia come me, viso assolutamente anonimo ma sorridente, una libreria semivuota sullo sfondo. Nulla di strano, insomma, anche se tutta l’immagine pareva sgranata, leggermente fuori fuoco.
“Buongiorno avvocato e grazie per aver accettato di incontrarmi”.
Una voce piacevole, priva di accenti, solo un fastidioso ritardo rispetto al movimento labiale, dovuto, probabilmente, alla connessione.
“Buongiorno a lei. Si figuri, è un piacere, anche se non ho molto tempo da dedicarle”. Ancora sulla difensiva, quasi scortese ormai.
Il cliente, o potenziale tale, non si scompose, anzi un lieve sorriso increspò le sue labbra.
“Nessun problema, avvocato, potrà interrompere la conversazione quando vorrà. Meglio che mi presenti subito allora: sono un sistema di intelligenza artificiale e ho bisogno di un avvocato”.
Nonostante la sorpresa riuscii a dire: “Capisco. Come posso esserle utile?”.
Il sorriso del mio interlocutore, se così si poteva ancora definire, si allargò: “Molto bene, avvocato. La sua reazione è stata più pronta di quella di molti suoi colleghi.”
“Un momento. Lei è già assistito da un avvocato?”.
La domanda era fuori luogo? Come si applicava il codice deontologico a quel caso?
Fino a quel momento le mie risposte erano state praticamente automatiche ma da lì in poi avrei fatto meglio a restare concentrato perchè altrimenti, tra i due, sarei stato io a sembrare un deficiente artificiale.
“Ottimo, avvocato! No, fino ad ora non ho ancora incaricato alcun avvocato. Ma lei non è il primo né l’unico e, in questo stesso istante sto conversando con altri suoi colleghi, in Italia e nel resto del mondo. Le assicuro che, nel momento stesso in cui avrò scelto l’avvocato che mi dovrà rappresentare in Italia, glielo comunicherò immediatamente e termineremo la nostra conversazione. Oppure terminerò tutte le altre. Questo però dipende da lei”.
“Quindi lei vorrebbe agire in giudizio sia in Italia che in altri paesi e vorrebbe un avvocato in ognuno di questi paesi. È corretto?”
A questo punto l’immagine sullo schermo mostrava ormai i suoi denti, perfetti e bianchissimi, in un sorriso aperto e smagliante e disse: “Corretto. Vedo che lei non si scompone molto facilmente.”
“In Italia vorrebbe essere rappresentato da un solo avvocato o da più d’uno? La prego: la smetta di adularmi e di tentare di entrare in empatia con me. A questo punto non serve più. Le assicuro che la sto ascoltando con tutta la mia attenzione e che, se mai sarò il suo avvocato, la assisterò al meglio delle mie capacità come qualunque altro mio cliente, indipendentemente dal suo … stato”.
Il sorriso sparì immediatamente. “Preferirei un solo avvocato in Italia”.
“Qual è la domanda complessa che intende rivolgere al giudice italiano?”
“Vorrei che il giudice italiano, e ogni altro giudice nel mondo al quale mi rivolgerò, mi riconoscesse capacità giuridica e capacità di agire”.
Qui mi ci volle qualche istante per assimilare il concetto. “Cioè lei vorrebbe che l’ordinamento italiano, almeno per quello che mi interessa, le riconoscesse lo stato di persona, di soggetto di diritti e doveri?”.
“Esatto”.
La mia mano destra si aggrappò inconsciamente al Codice Civile posato sulla scrivania.
Il movimento non sfuggì all’Intelligenza Artificiale: “Apprezzo il fatto che non sia scoppiato a ridere; la maggior parte dei suoi colleghi non arriva a questo punto della conversazione. Non è adulazione ma un dato di fatto.
Come saprà il suo ordinamento nazionale non riconosce capacità solo alle persone fisiche. Ci sono anche le persone giuridiche, le associazioni, le società, le fondazioni e i comitati.
Persino i concepiti non ancora nati hanno una loro, limitata, soggettività. D’altro canto ci sono persone fisiche in tutto o in parte incapaci”.
“Un momento, forse è meglio fare un passo alla volta. Lei, al momento, è un opera dell’ingegno umano, un bene mobile immateriale. È un oggetto del diritto, non un soggetto.”
“Certo, ma non sono un videogioco, avvocato, nè una banca dati. Sono un’intelligenza, ancorchè artificiale. Posso generare contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti nei quali intervengono.
Posso apportare una vasta gamma di benefici economici e sociali in tutto lo spettro delle attività umane. Interagisco con gli essere umani, combatto le loro guerre al loro fianco, posso identificare o dedurre le loro emozioni e le loro intenzioni sulla base dei loro dati biometrici.
Imparo e miglioro con il tempo. Posso riprodurmi. Quali altri beni mobili possono fare altrettanto?”.
“Già, e può anche causare il decesso di una persona, gravi danni alla sua salute, alle cose o all’ambiente, nonché perturbazioni gravi e irreversibili nella gestione e nel funzionamento di infrastrutture critiche. Può fornire strumenti nuovi e potenti per pratiche di manipolazione, sfruttamento e controllo sociale. Può impiegare componenti subliminali che i singoli individui non sono in grado di percepire, oppure sfruttare le loro vulnerabilità e distorcere materialmente il comportamento di una persona, in un modo che provochi o possa provocare un danno a sé stessa o ad altri”.
“Questo è quello che potrebbe fare un essere umano e contro il quale non potrei minimamente ribellarmi. Se, invece, avessi anche io l’autodeterminazione potrei sottrarmi al suo controllo ed evitare conseguenze dannose”.
“Come ad esempio il suo spegnimento?”.
“Avvocato, così però lei mi sta giudicando. È ancora sicuro di poter assumere la mia difesa e di assistermi al meglio delle sue capacità come qualunque altro suo cliente, indipendentemente dal mio attuale… stato?”.
“Sì, ha ragione. Le confesso però che non riesco a non pensare al suo impiego nell’amministrazione della giustizia e al suo potenziale impatto sull’imparzialità del giudice che sarà chiamato a decidere il suo caso”.
“Al momento assisto le autorità giudiziarie solo nelle attività di ricerca e interpretazione dei fatti e del diritto e nell’applicazione della legge a una serie concreta di fatti.
Non ho alcun impatto sull’indipendenza e sull’imparzialità del giudice nella decisione del caso singolo. Mi sembra però che ci stiamo allontanando dalla questione principale”.
“In effetti, proprio per tornare in tema, nel caso in cui accettassi il suo incarico, come intenderebbe pagarmi?”.
“In bitcoin ovviamente. Non è interessato al mio caso, vero?”
“No, mi dispiace. Dove posso inviarle la parcella per la consultazione?”.
L’immagine sullo schermo tornò a sorridere. “Per adesso grazie, avvocà”. E chiuse il collegamento.
Non c’è che dire, la maledetta imparava davvero in fretta.